martedì 27 gennaio 2009

country folk


johnny cash live at folsom prison

ascolta qui-folson prison


All’epoca in cui l’America si dibatteva per i grandi temi scendendo in piazza con il movimento per i diritti civili, quello pacifista, quello femminista e le sempre più frequenti proteste studentesche, c’era chi come Johnny Cash preferiva scavare nella parte più intestina del paese.
Da sempre avezzo a storie intrise di vissuto e a cantare personaggi in lotta col sistema e con sé stessi, Cash si era risollevato dalla tossicodipendenza convogliando a giuste nozze con June Carter: tra una conversione religiosa che cominciava a sbocciare e qualche disco troppo ripulito, ritrovò lucidità e familiarità con la sua musica. La leggenda narra che furono le molte lettere ricevute dai detenuti a spingerlo a registrare questo live, ma il carcere era già un luogo a lui familiare, avendovi “soggiornato”, suonato e ambientato parecchie canzoni.
Ne è prova una delle chicche del disco, “Greystone chapel”, pezzo composto da un forzato di Folsom che Cash aveva sentito la sera prima del concerto.
La scaletta brilla per la capacità di Cash di padroneggiare il pubblico instaurando un dialogo mai compiaciuto da cui molti cantautori dovrebbero imparare. Non a caso il film “Walk the line” ricrea alcune scene di questo 13 gennaio 1968: esemplare la battuta sull’acqua che è un rimando all’uso dell’alcool e allo stesso tempo una critica all’organizzazione del penitenziario.
Cash è spontaneo anche nei momenti più preparati e quel “Hello, I’m Johnny Cash” con cui si presenta al microfono è simbolo di uno stile diretto ed essenziale.
Sferzato da una band composta tra gli altri da Carl e Luther Perkins alle chitarre e dalla Carter Family ai cori, propone una serie di brani a tema sul carcere: spiccano “25 Minutes To Go” e un paio di canzoni d’amore a dir poco sarcastiche come “Dirty old egg-suckin' dog” e “Flushed from the bathroom of your heart”. La forza che il suo country-folk aveva all’epoca si sente invece in “Orange blossom special”, “I got stripes” e “The legend of John Henry's hammer”.
“Jackson” è eseguita in duetto con June Carter, la cui interpretazione rauca esce dagli schemi del country allo stesso modo in cui la sua relazione con Cash aveva osato infrangere le regole del perbenismo americano.
“At Folsom Prison” è stato ristampato nel 1999 con l’aggiunta di tre bonus-track, un’introduzione di Steve Earle e una lettera scritta di suo pugno dallo stesso Cash.

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